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23.01.2020
Non tutti i progetti di trasformazione digitale funzionano: quali sono i segreti per il successo?

Nonostante le idee e gli investimenti in crescita, solo il 38% dei progetti di trasformazione digitale ha successo. Perché?

 

Da una ricerca dell’ Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano e  Assochange effettuata su 179 aziende italiane di grandi dimensioni emerge che il 62% dei progetti di trasformazione digitale in azienda fallisce. In un White Paper di 36 pagine Mariano Corso e Andrea Rangone, aiutano le aziende a capire come entrare nella quota di successi. Di seguito riportiamo i punti salienti del paper.

 

Se le idee ci sono, i modelli di business si stanno ridefinendo, gli investimenti in ICT sono in crescita (del 2,6 % in Italia, non solo nei reparti ICT) , perché i due terzi dei progetti di digital transformation falliscono?

 

 

 Secondo la ricerca dell’Osservatorio, il vero problema è lo scarso engagement delle persone

 

In sostanza, le persone non sono a bordo nel processo di trasformazione e questo è un freno enorme perché mina alle basi la cosiddetta 4° Rivoluzione Industriale.

Proprio nella trasformazione profonda del modo di lavorare, nel tipo di competenze e professionalità necessarie sta la differenza tra 3° e 4° Rivoluzione industriale: la digitalizzazione dei processi con l’introduzione degli ERP o altre applicazioni/tecnologie di supporto all’ottimizzazione delle attività poteva funzionare anche con una forzatura, imponendone l’utilizzo perché, in fondo, si trattava solo di strumenti che non andavano a incidere nel profondo, non richiedevano alle maggioranza delle persone di mettersi in gioco in profondità in termini di competenze e professionalità. La 4° Rivoluzione industriale è profondamente diversa, ha successo solo se le persone sono coinvolte.

 

I progetti di successo, da quanto emerso dall’analisi dell’Osservatorio, hanno 3 caratteristiche principali:

  1. Coinvolgono le persone nel cambiamento

    Chi lavora in un’azienda deve percepire che adottando nuovi modelli  organizzativi, nuovi strumenti, ma soprattutto guardando il proprio lavoro da una prospettiva diversa, avrà un beneficio diretto personale e sosterrà la competitività della propria azienda, quindi la propria sopravvivenza.
  2. Creano urgenza, ma senza indurre paura e ansia

    È un equilibrio difficilissimo da raggiungere perché quando il livello di urgenza percepito travalica nell’ansia, il rischio di abbandono e frustrazione è elevatissimo. La capacità sta proprio nel trasmettere il senso di urgenza in modo che si trasformi in uno stimolo positivo ;è così che l’azienda potrà trattenere i talenti migliori che si sentiranno realmente ingaggiati in un progetto.
  3. Investono in un’organizzazione Agile

    Agile perché oltre a essere un’organizzazione che opera in un contesto di apprendimento continuo  e cicli decisionali rapidi abilitati dalla tecnologia, si basa su una cultura centrata sulle persone e ingloba i concetti di azienda aperta.

 

Come trasformare il 62% di fallimenti in casi di successo?

  • Trasversalità al posto di specializzazione.
  • Orchestrazione al posto di supervisione.
  • Agilità al posto di linearità.
  • Liquidità e apertura al posto di stabilità dei confini interni/esterni.

 

E quali sono gli ambiti sui quali bisogna lavorare per attuare questa sostituzione?

  • Modello organizzativo.
  • Competenze e cultura.

 

Misurare l’innovazione e conoscere gli errori da evitare

L’adozione di questo modello porta vari benefici in termini di innovazione, conoscenza, apertura al cambiamento, coinvolgimento e soddisfazione, difficilmente misurabili, soprattutto in termini di business e competitività.

Le aziende hanno una grande difficoltà a misurare, perché oggettivamente si tratta di trasformazioni difficili da misurare, nelle quali i tradizionali parametri di riferimento si rivelano fallaci (qual è il ROI di un progetto se è in gioco la sopravvivenza stessa dell’azienda?).

Generalmente nelle aziende vengono utilizzati indicatori un po’ più tradizionali (Risultati economici e Consumo di risorse impiegate) e indicatori riconducibili alle nuove forme di organizzazione aziendale (Cultura aziendale e modello di leadership e Acquisizione di nuove conoscenze e competenze). I primi risultano più facili da misurare mentre i secondi, sebbene si riconosca un’importanza di misurazione mediamente alta, risultano i più difficili.

Le aziende che non raggiungono l’equilibrio tra questi due indicatori, generalmente commettono questi 2 errori:

  • Da una parte ci sono le aziende colte dall’ansia dell’urgenza della trasformazione che investono senza avere prima creato le basi e le competenze: in pratica poggiano l’innovazione su sabbie mobili, con una probabilità di fallimento elevatissima;
  • Dall’altra ci sono aziende che non hanno le idee chiare: fanno varie iniziative per diffondere la cultura del cambiamento, fanno workshop, hackaton ecc., ma non sono guidate da una visione chiara e unificante della trasformazione. 

 

Sviluppare il DNA digitale delle persone e delle organizzazioni

Bisogna  essere in grado di attivare il DNA digitale che c’è nelle persone per ingaggiarle nel processo di trasformazione, ma questo è possibile se le persone non hanno paura del futuro, se non si sentono minacciate e inserite in un “tessuto” sociale e organizzativo malato. Di qui l’importanza di una People Strategy positiva e motivante, che riduca il senso di ansia e inadeguatezza delle persone, facendo loro capire che la rivoluzione digitale porta tantissime opportunità che possono essere colte anche a livello individuale.

 

Il CIO deve diventare “Intrapreneur” di un nuovo modello tecnologico e organizzativo

Il CIO deve farsi interprete di questa discontinuità con un forte presidio tecnologico, da un lato, e, dall’altro, la capacità di guardare al futuro in maniera non convenzionale.

La I di Information “I” si deve riferire anche a Integration, ovvero alla capacità di integrare pezzi di competenze distribuiti nell’organizzazione e nell’ecosistema, ormai senza confini, nel quale l’azienda si muove, il tutto per presidiare e abilitare l’Innovazione (terzo significato di questa “I”).

Essere Intrapreneur significa invece sostenere un ripensamento interno, sviluppare qualcosa di nuovo all’interno dell’azienda, lo Chief Intrapreneur Officer deve interpretare le tecnologie per scardinare vecchi schemi, non semplicemente per ottimizzare o innovare l’esistente. Quello che oggi serve è sfruttare queste tecnologie potenti, combinare intelligenza artificiale, big data, IoT, blockchain, realtà virtuale, analytics nelle loro declinazioni più avanzate per inventare nuovi modi di fare business, scoprire nuovi business.

 

Fonte: Zero Uno White Paper 2019 - Digital Trasformation

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